burano venezia

Chiesa di San Martino Vescovo

Oltre all'attuale Duomo di San Martino, in ogni quartiere di Burano erano state erette delle chiese e i rispettivi monasteri. Una delle più antiche era la chiesa e il monastero di San Mauro, dedicate appunto al martire: eretti tra l'888 e il 912, all'epoca del doge Pietro Tribuno; nel 1347 fu eretta la chiesa e il monastero dei SS. Cipriano e Cornelio; nel 1488 la chiesa e il monastero di San Vito ed infine, nel 1533 la chiesa delle Capuccine e il monastero di Santa Maria delle Grazie.
Le prime furono tutte demolite, mentre l'ultima, dopo essere stata sconsacrata e restaurata è diventata oggi la sede del Consiglio di Quartiere di Burano.

Dopo il 1000, chiesa parrocchiale di Burano divenne quella di San Martino, vescovo di Tours. Rifabbricata più volte, prese le sembianze attuali tra il 1500 e il 1600 e fu consacrata il 29 ottobre del 1645 dall'allora vescovo di Torcello Marco Antonio Martinengo.
Nel corso dei secoli subì diversi restauri: nel 1867 fu rinnovata la pericolante navata centrale, conservando però l'antica architettura. Nel 1874 fu la volta delle navate laterali e la crociera centrale del transetto. Nel maggio 1913, un incendio distrusse il soffitto della navata principale: in tale occasione andò distrutto anche l'organo, che nell'ottobre dello stesso anno fu sostituito con l'attuale, forte di più di 2000 canne, prodotto dalla ditta Mascioni di Cuvio; quello precedente era opera del Callido, costruito nel 1767 ed era considerato tra i migliori capolavori organari delle chiese del periodo della Serenissima.

Vista dall'esterno, la chiesa manca di ingresso principale, infatti si entra lateralmente da una porta rinascimentale, vicina alla Cappella di Santa Barbara.
L'entrata è costituita da un vasto atrio, che ospita una statua della Madonna, attribuita a Girolamo Bonazza, vissuto nel XVIII secolo.
L'interno, in stile lombardo-barocco, si presenta a croce latina, con tre navate terminanti a cappella, divise da pilastri neoclassici che sostengono archi a pieno sesto e finiscono in capitelli in stile corinzio. La pavimentazione, a pietre quadrate rosse e bianche, è tipica degli edifici sacri.

La navata centrale, presbiterio e coro compresi, è lunga circa 47 metri e mostra un soffitto a botte, eccetto la parte centrale, la cui volta è a crociera.A capo della navata centrale si trova l'altare maggiore, adorno di sei eleganti colonnine di marmo rosso di Francia e di altre quattro di marmo orientale antico. Costruito nel 1673, ha forma di grande tabernacolo di stile barocco, sulla cui sommità è posta la statua bronzea del "Cristo Risorto".

Ai lati si trovano le statue di Sant'Albano e di San Martino, entrambe opere di Girolamo Bonazza

Tour delle Opere

Partendo dall'ingresso, a destra, troviamo il dipinto raffigurante un "Miracolo di S. Antonio", della scuola veneta del XVII secolo.
L'altare seguente è dedicato per l'appunto a Sant'Antonio da Padova. La pala, raffigurante il Santo in preghiera e che accoglie fra le braccia il Bambino Gesù, è opera di Alessandro Pomi di Mestre ed è stata inaugurata il 14 Ottobre 1945.
Appena più avanti, sopra il confessionale, vi è "L'adorazione dei pastori", tela dipinta nel 1732 da Francesco Fontebasso, allievo di Sebastiano Ricci.

Il secondo altare che incontriamo, in stile neoclassico, è dedicato a San Giuseppe e contiene una statua del santo in legno di Val Gardena: i due angeli in preghiera impugnano gli strumenti di lavoro tipici del falegname.

Salendo qualche gradino, ci si trova nella cappella laterale di destra: qui viene conservata l'Eucarestia nel tabernacolo, la cui porticina, opera dello scultore buranello Remigio Barbaro, raffigura Gesù nell'atto di dare la comunione eucaristica ad alcuni fanciulli in barca.
La pala dell'altare, dove Gesù offre il proprio cuore all'amore dei fedeli, è un'opera del 1944 di Gino Borsato.

A destra dell'altare tre stupendi dipinti del secolo XV, opera di Giovanni Mansueti, attribuiti anche a Vittore Carpaccio e a Gentile Bellini. Raffigurano la "Fuga in Egitto", l'"Adorazione dei Magi", lo "Sposalizio della Vergine Maria" e l'"Assunzione della Vergine" di scuola veneta, sec. XVIII; quindi l'icona di "Madonna di Kazan", sec. XIX.

A sinistra dell'altare vi è una porta che conduce alla sacrestia, dove sono conservati "L'Addolorata", di Nicola Grassi, sec. XVIII e il "Cristo Sorretto da un Angelo" attribuito ad Antonio Zanchi, sec. XVIII.

Con lo suardo rivolto all'altare maggiore, a sinistra si trova la tela con "San Marco in Trono tra i Santi Vito, Benedetto, Nicola e Lorenzo Martire"; essa proviene dalla distrutta chiesa di San Vito e fu eseguita da Girolamo da Santa Croce, nel 1541, come sta scritto sul secondo gradino del trono. Ai lati del presbiterio si possono ammirare due angeli cerofori, in legno, della fine del XVII secolo. Il coro ligneo, su entambi i lati dell'altare , proviene da una chiesa di Torcello, oggi distrutta.

Spostiamo ora nella cappella laterale sinistra, dedicata ai santi martiri Albano, Domenico e Orso, patroni di Burano e festeggiati il 21 Giugno di ogni anno. L'altare contenente l'urna con i corpi dei tre santi è un dono votivo costruito nel 1630.
L' 8 giugno di quell'anno, infatti, Venezia e le zone limitrofe furono invase dalla peste, per la quale morirono migliaia di persone. Il 20 ottobre, il Senato della Serenissima Repubblica fece voto di edificare un tempio a Maria, qualora Venezia fosse stata liberata dalla pestilenza. Così avvenne e fu costruita la Basilica della Madonna della Salute, su progetto di Baldassarre Longhena.
Secondo la tradizione furono invece i tre santi a difendere la diocesi di Torcello dall'epidemia: ciò avvenne su invocazione del vescovo torcellano Marco Zen, e dal parroco di San Martino, Giuseppe Tagliapietra. La popolazione rispose entusiasticamente all'appello del proprio pastore, promettendo la costruzione di un altare. Tale voto fu mantenuto non appena passò il pericolo della peste.
La pala che adorna l'altare, opera di Bernardino Prudenti (sec. XVII), rappresentante Sant'Albano tra San Domenico e Sant'Orso, con la sua data di creazione (1638) prova che non passò molto tempo tra il voto e la sua realizzazione.
Scrive il Verghetti in un opera del 1896: "Dal secolo XI al giorno d'oggi sono continui i benefici che i buranelli sperimentano per intercessione del loro S. Albano: naufragi scampati (come testimonia il quadro di Girolamo Brusaferro (1684 ca. - 1760) alla sinistra dell'altare. Assieme ai Ss.
Albano Domenico e Orso, c'è anche San Lorenzo Giustiniano, primo patriarca di Venezia ), turbini dissipati, malattie fugate, disgrazie di ogni genere allontanate, senza dire delle molteplici grazie spirituali avute".
Una lapide, sopra la porta a sinistra del centro della chiesa, ricorda, non ultima in ordine di tempo, la protezion dei Santi, durante la prima guerra mondiale (1915 - 1918).

Sotto la mensa dell'altare è situato un sarcofago di marmo su cui sarebbero arrivati i corpi dei tre santi, come si vede nel quadro intitolato "Il Miracolo dei Ragazzi che Traggono a Terra il Sarcofago" di Antonio Zanchi (1690). In quest'opera viene ritratta l'intera piazza di Burano (la quale è stata dedicata a Baldassarre Galuppi, detto "Il Buranello"), con la chiesa, non ancora come l'attuale, gli edifici dell'epoca, la colonna con il leone di San Marco e il pilone portabandiera, qui a Burano chiamato "standardo".
Potrete trovare la "leggenda dei tre santi" alla pagina dedicata alle leggende su Burano.
Sempre in questa cappella , a destra dell'altare , è possibile ammirare "Il Martirio di Sant'Albano", di scuola veneta sec. XVII.

Nel proseguire verso l'entrata, si incontra l'altare della Madonna del Rosario, sopra al quale primeggiano la statua della Vergine e i due angioletti in preghiera, opera dello scultore Vincenzo Cadorin eseguita nel 1917 in ricordo della prima guerra mondiale. Un mosaico moderno orna la nicchia e le colonnne, i capitelli e i marmi a disegni geometrici della mensa rendono quest'altare il più bello della chiesa.

Poco più avanti è possibile ammirare la "Crocifissione" (1725), opera giovanile di Giambattista Tiepolo (1696 - 1770): Cristo crocifisso al centro, tra i due malfattori, e il drammatico gruppo delle donne ai piedi della croce. Curiosa è la presenza nell'angolo inferiore a sinistra, dentro ad una cornice, del ritratto del committente, probabilmente uno speziale dell'isola.

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